CONTRATTO 2022/24
Servitori dello Stato contro aumenti irrisori e promesse disattese: la rabbia cresce dopo il rinnovo contrattuale. "Un rinnovo contrattuale celebrato con entusiasmo da media, politici e sindacati firmatari si è rivelato, nei fatti, una cocente delusione per migliaia di servitori dello Stato.

“Un rinnovo contrattuale celebrato con entusiasmo da media, politici e sindacati firmatari si è rivelato, nei fatti, una cocente delusione per migliaia di servitori dello Stato. Descritto come una svolta storica, l’accordo è stato accompagnato da dichiarazioni trionfalistiche e da elogi pubblici alle autorità politiche. Tuttavia, al di là della propaganda ufficiale, la realtà quotidiana vissuta da militari, personale delle Forze Armate e comparto sicurezza racconta tutt’altro.
Dietro agli annunci entusiastici si nascondono aumenti salariali minimi, ben lontani da quanto ci si aspettava. Le aspettative, alimentate da mesi di promesse, sono state ampiamente disattese. Sui social, luogo ormai naturale di confronto e denuncia, cresce ogni giorno il malcontento di chi si sente tradito. I commenti parlano chiaro: “Altro che contratto storico. È l’ennesima delusione. Abbiamo perso aumenti e arretrati del 2022 e 2023. Con questi aumenti si calpesta la dignità di chi ogni giorno serve lo Stato con disciplina e onore.”
I dati ufficiali non fanno che confermare questo disagio. Secondo l’ISTAT, l’inflazione cumulata nel triennio 2022–2024 ha superato l’11%, mentre gli stipendi, anche dopo il rinnovo contrattuale, rimangono lontani dal recuperare il potere d’acquisto perduto. Si tratta, dunque, non di una semplice impressione ma di una perdita concreta, documentata. A sottolinearlo, in diverse occasioni pubbliche, è stato persino il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha riconosciuto apertamente come le retribuzioni di chi serve lo Stato non siano adeguate al costo della vita attuale. Eppure, nonostante questo richiamo autorevole, al tavolo delle trattative le rappresentanze dei lavoratori sono uscite con un accordo che in molti definiscono ingiusto e mortificante.
In questo clima, si alza la voce di quei sindacati che hanno scelto di non firmare. Tra questi, ITAMIL e USAMI Aeronautica, che hanno respinto il rinnovo denunciando la totale mancanza di un confronto reale con le rappresentanze militari, a differenza di quanto avvenuto per le Forze di Polizia. Le critiche si concentrano anche sulla distribuzione delle risorse, giudicata profondamente squilibrata: 200 milioni sono stati destinati agli straordinari per la Polizia, mentre solo 20 milioni sono finiti alle Forze Armate. Una disparità che alimenta amarezza e senso di esclusione.
A questo si aggiunge la sistematica esclusione dei sindacati non firmatari dai tavoli FESI e dai principali circuiti informativi, una pratica che mina i principi della rappresentanza e della trasparenza. “Abbiamo detto NO quando tutti applaudivano. Abbiamo avuto il coraggio di restare in piedi da soli nell’Esercito, mentre altri si piegavano alla logica dell’accontentarsi”, dichiarano i rappresentanti di ITAMIL.
Per tutelare i propri iscritti, lo stesso sindacato ha già avviato una serie di azioni legali collettive, completamente gratuite, volte a ottenere un risarcimento per il mancato adeguamento retributivo e accessorio. Si tratta di una scelta che mira a trasformare la delusione in azione concreta, nel nome della dignità e della coerenza.
“La strada che abbiamo scelto è la più dura”, spiegano, “ma è l’unica che rispetti davvero i servitori dello Stato. Il tempo ci darà ragione. I numeri parlano chiaro: chi ha difeso i diritti dei lavoratori si riconosce nei fatti, non nei sorrisi davanti alle telecamere.”
Oggi più che mai, si avverte una distanza profonda tra la narrazione ufficiale e la realtà vissuta da chi indossa ogni giorno una divisa. Un contratto può essere firmato con enfasi, ma se tradisce le speranze e il sacrificio di chi serve il Paese, diventa solo carta straccia. E in molti, dentro e fuori le caserme, non sono più disposti ad accettarlo in silenzio.